Il libro – Relazione di uno zoologo alieno di ritorno dalla terra

 

Gulotta, G. Relazione di uno zoologo alieno di ritorno dalla terra. Giuffreè Editore (Diritto e Rovescio), 2013
Gulotta, G. Relazione di uno zoologo alieno di ritorno dalla terra. Giuffreè Editore (Diritto e Rovescio), 2013

 “Signore e signori, colleghi e colleghe, le premesse vi sono note: Il Ministero della Scienza ha riscontrato che su un pianeta chiamato Terra, facente parte del lontano sistema solare, esiste una specie che ha iniziato dei rudimentali voli interplanetari. Ciò ha preoccupato i nostri scienziati che mi hanno inviato, in quanto zoologo, tra i terrestri- per un periodo che corrisponde all’anno solare- ad investigare su quello che là sta succedendo, anche per capire se gli individui che vi abitano hanno caratteristiche che ci debbano impensierire e verso le quali sia opportuno prendere provvedimenti”.

 Questo l’inicipit del bel saggio del Prof. Guglielmo Gulotta, già Professore Ordinario di Psicologia Sociale e giuridica alle Università di Cagliari e Torino, e psicoterapeuta, e presidente della Associazione Diritto, Mente e Cervello. Gulotta svela, tramite il metodo di “osservazione partecipata mascherata”, di derivazione antropologica, le tante bellezze ma anche i tanti paradossi della alimentazione ai nostri tempi. Il cibo, sebbene copra solo uno dei capitoli del testo, svolge un ruolo privilegiato, e costituisce proprio l’inizio: e per così dire, garantisce un tono al libro. Ma cosa scopre il nostro alieno osservando le cose dalla “giusta” distanza? Beh intanto- facile dictu– che l’uomo in media passa 8 anni su circa 80 mangiando, ingurgitando 40 tonnellate di cibo. Oltre a questo dato basilare, vi sono poi alcune “costanti” che riguardano gli umani di tutte e le civiltà e culture, e che costituiscono una sorta di “universali dell’alimentazione”:

-da piccoli gli umani non amano le verdure ed i cibi nuovi, in quanto amari o con sapori che “avvisano” di potenziali rischi per la salute. E’ un meccanismo di difesa che ricapitola paure ancestrali

– gli umani avvertono disgusto per cibi putrescenti, con vermi e sporchi. Curiosamente, l’espressione di disgusto è la stessa in tutte le popolazioni e culture;

– la nausea delle donne incinta serve a proteggere –nei primi mesi di gravidanza- dall’ingestione di cibi potenzialmente pericolosi, così come il vomito.

– i soggetti che provano disgusto facilmente contraggono un più basso numero di infezioni.

    Cibo e avventura   Ma a fronte di atteggiamenti di autodifesa alimentare, necessari per preservare la vita- nota l’amico extraterrestre- l’uomo ha sviluppato anche un senso dell’avventura: ed è disposto a rischiare la vita pur di sperimentare alcune “prelibatezze”: i cinesi sono ghiotti di un pesce (“fogu”) che se sezionato in modo errato da un cuoco non sufficientemente esperto. In Vietnam e Thailandia, cobra e pitoni si acquistano in piazza, mentre nei supermercati si comprano tranci di serpente. Nel Nord America i serpenti a sonagli sono considerati delle ghiottonerie. Addirittura 42 culture mangiano carne di topo. In Messico si cucinano larve di farfalla e in Indonesia, tramezzini alle tarme. Si pensi poi che … la carne di cane è considerata una leccornia in Corea, Oceania e Cina. In Sardegna si mangiano attinie urticanti di mare (“urziadas”), a Venezia le “moleche” dei granchi da mangiare con la corazza quando fanno la muta.

Anemonia sulcata
Anemonia sulcata

L’origine dei tabù alimentari    Una parte di rilievo nell’analisi del nostro zoologo alieno riguarda poi l’origine dei tabù alimentari. Divieti che sembra rispondano ad un criterio di economicità ed efficienza della risorsa usabile come cibo rispetto a destinazioni alternative. “In quanto raccoglitori e cacciatori dell’età della pietra, gli umani cacciavano e raccoglievano solo quelle specie che massimizzavano il tasso del ricavato calorico in relazione ai costi in termini di tempo ed energie spese..”, di conseguenza, viene preferita “la specie che offre il più alto tasso di ricavo calorico in relazione a ciascuna ora del tempo di trattamento, cioè del tempo impiegato per inseguirla e ucciderla o raccoglierla, trasportarla, prepararla e cucinarla.”

Dalla “vacca sacra” all’Horsegate    In questo modo si scopre che la “vacca sacra” in India lo è perché il bovino là è più utile da vivo che da morto: sono indispensabili per i lavori agricoli, lo sterco è usato come combustibile, si nutrono di rifiuti domestici.  Allo stesso modo i suini per la cultura ebrea ed il precetto divino (Dio impose al popolo ebraico di  mangiare animali ruminanti con zoccolo fesso: ora il maiale ha lo zoccolo fesso, ma non è ruminante).

A ben pensarci, il maiale –che non è ruminante- non può digerire cellulosa e quindi vegetali che l’uomo abitualmente non consuma. Per contro, la sua alimentazione si deve basare su frumento, mais, e vegetali a basso contenuto di cellulosa, ma così facendo, entrano in competizione alimentare con l’uomo. In definitiva, in Medio Oriente è più costoso allevare maiali.  La spiegazione “sanitaria” secondo la quale la carne di maiale poco cotta provoca la trichinosi, non sarebbe così quella reale: la relazione tra trichinosi e carne di maiale fu stabilita solo nel 1859.

L avversione degli inglesi per il consumo di carne di cavallo è poi ben testimoniata dal recente caso dell’Horsegate, con relativo scandalo pubblico per aver rinvenuto carne equina in carne bovina-  Qui non sarebbe tanto il fatto che il cavallo è considerato “game”, quindi animale da gioco, quanto piuttosto l’antica usanza pagana di sacrificare il cavallo alla morte del padrone per rendere più agevole il viaggio nell’aldilà.

Pappa al pomodoro   La pasta, parte fondamentale del patrimonio culinario italiano, merita una menzione speciale: le lasagne erano note già ai Romani (“lagana”) e agli Etruschi: in una loro tomba a Cerveteri, una decorazione illustra gli strumenti usati per preparare la pasta: spianatoie, mattarelli, coltelli e rotelline dentate. Nel Medioevo nasce la pasta alimentare nelle diverse forme, e solo in questo periodo la cottura passa dal forno alla pentola (acqua bollita).  In confluenza con diverse tradizioni gastronomiche, la romana e l’araba, con le città Marinare che hanno favorito scambi e contaminazioni: nascono i vermicelli e i maccaroni siciliani, pasta trafilata corta, diversa da quella “lunga” romana-tagliatelle e fettuccine. A corte la pasta è usata come contorno mentre nella cucina popolare è un pasto vero e proprio. Inizialmente veniva fatta bollire per due ore e condita con formaggio, burro e spezie. Il formaggio veniva cosparso o gratatum (gratuggiato) o incisum (a fettine). Il pomodoro viene introdotto sulla pasta tardi: Ippolito Cavalcanti ne parla per la prima volta nel 1839 nel suo “Cucina casarinola co la lengua napoletana”. Il pomodoro però deve subire un processo particolare: pulito, passato al setaccio e fatto asciugare con olio e cipolla: la nascita della “pummarola” insomma. Solo alcuni decenni dopo poi il pomodoro si unisce a pasta e pizza, da metà ‘800 diciamo. La stessa pizza inizialmente non lo prevedeva; era per lo più una piada con formaggio e olio. La “Margherita” al pomodoro fu inventata da Raffaele Esposito nella pizzeria “Pietro… e basta così” a Napoli(oggi “Brandi”), includendo così i colori della bandiera italiana, verde del basilico, rosso pomodoro e bianco della mozzarella.

“in fatto di cibo, come avrete capito, gli umani, sopratuttutto gli italiani- sono molto pignoli”, le conclusioni del capitolo. E dal cibo poi Gulotta passa al resto la riproduzione, l’evoluzione del cervello umano, le regole sociali, la comunicazione; seguono i rapporti interpersonali e i loro fraintendimenti e addirittura un capitolo dedicato all’aastrologia (sempre vista dallo zoologo alieno…): ma sembra proprio che partire dal cibo, e dall’Italia, sia imprescindibile per capire meglio lo “zoo umano” nelle sue passioni e nella sua natura profonda, ed in definitiva, in ciò che lo rende propriamente umano.

Gulotta, G. Relazione di uno zoologo alieno di ritorno dalla terra. Giuffreè Editore (Diritto e Rovescio), 2013

 (da sicurezzaalimentare.it)

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