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Bigoressia, il male dei giganti d’argilla

4 Dicembre 2013

Anoressia e bulimia, non sono più un disturbo di genere: i maschi sono la nuova emergenza. Il desiderio di possedere un corpo più muscoloso e più asciutto, una cronica insoddisfazione per il  proprio aspetto fisico e un ossessivo “terrore” di perdere i propri muscoli e il proprio stato di perfetta forma  raggiunto con pesanti allenamenti,  regimi dietetici drastici e molto rigidi che spesso portano a un auto isolamento sociale. Si chiama “bigoressia”, dall’inglese “big” (grosso), o “vigoressia”, in italiano, l’ossessione per la massa muscolare. I maschi sono la nuova emergenza. Se dieci anni fa i disturbi del comportamento alimentare colpivano l’1% della popolazione maschile in età adolescenziale, oggi l’incidenza è del 10%,  tra i 12 e i 17 anni addirittura del 20%, e si stima che tra 10 anni la malattia colpirà ugualmente maschi e femmine. E bisogna dire che i ragazzi sono più resistenti al trattamento, si vergognano, la credono una malattia da  femminucce.

La bigoressia è una vera e propria patologia – ci spiega la dottoressa Laura Dalla Ragione, responsabile della prima struttura pubblica residenziale per i disturbi del comportamento alimentare di Todi – il ragazzo bigoressico patisce un’insoddisfazione permanente del proprio stato fisico, ha una forte paura di restare privo dei propri muscoli a cui si accompagna l’ossessione di voler diventare sempre più grosso, e nello stesso tempo di vedersi sempre troppo poco muscoloso. C’è una dispercezione al contrario: allo specchio loro si vedono sempre flaccidi.  Dunque anche per i maschi il corpo è diventato un teatro del disagio. Il cambiamento dell’immagine corporea nei ragazzi è molto evidente: si depilano, curano moltissimo il corpo, c’è un attenzione che predispone anche loro al disturbo. E’ una malattia grave, che porta a danni fisici e psicologici troppo spesso sottovalutati – continua – i ragazzi iniziano ad utilizzare un’alimentazione dannosa, iperproteica ed eccessiva, a cui si accompagna spesso l’uso ed abuso di integratori alimentari, e nei casi più estremi di steroidi anabolizzanti. Selezionano il cibo e mangiano non per fame o per piacere, ma perché devono assumere calorie che li aiutano a ‘espandersi’. A queste convinzioni seguono delle condotte auto-punitive come l’ infliggersi allenamenti estenuanti, spesso anche molto lunghi che portano a uno stato  di sovrallenamento con le dovute conseguenze psico-fisiche. L’ossessione per il corpo e per la prestazione fisica – conclude – li isola dagli amici, trascorrono ore e ore in palestra a scolpire il corpo, evitano le  cene in compagnia perché non consentono l’assunzione dei cibi autoimposti”.

I medici parlano di “anoressia inversa”: l’anoressica si vede grassa nonostante la sua fisicità sia minima, mentre il bigoressico si vede piccolo, ed è proprio in questa piccolezza fisica che egli vede la sua debolezza. Il mondo dello sport maschile è un mondo molto pericoloso. Lo sport non è più divertimento e piacere, ma ossessione. Sono le malattie della modernità, strettamente ancorate alla cultura dell’apparire e all’ossessione del corpo: mai come in questa epoca l’identità si aggancia all’identità corporea. Sicuramente per alcune fasce a rischio, come l’adolescenza e l’infanzia, il corpo comincia a diventare un nemico. Sono malattie ancorate a stili di vita culturali e sociali. Negli ultimi 10 anni questi disturbi sono aumentati del 300%, e sono legati all’offerta di cibo abbondante e al modello della magrezza. In Italia è sviluppatissima anche l’altra faccia della medaglia, l’obesità infantile: siamo il primo paese in Europa, e l’obesità preadolescenziale  è uno dei fattori di rischio dei disturbi alimentari. Nel mondo occidentale, dominato da stereotipi delle forme corporee legate all’idea della magrezza nella donna e del corpo muscoloso nell’uomo, l’ossessione delle forme corporee stesse e del cibo si sta diffondendo come una vera e propria epidemia sociale.
In Italia, sono due milioni gli adolescenti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, e negli ultimi anni si registra un notevole abbassamento dell’età: nel 40%  si manifestano tra i 15 e i 19 anni, ma si evidenziano anche già tra gli 8 e i 12 anni, comunque prima dei 25. A soffrirne di più sono in particolare le ragazze: l’Organizzazione Mondiale della Sanità informa che, tra le adolescenti, le patologie di tipo anoressico e bulimico rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Numeri allarmanti e in crescita, che preoccupano ancor di più se si considera che sono in tanti a non riconoscere il disturbo e a rifiutare il trattamento. I genitori poi mostrano minore preoccupazione per gli insani comportamenti alimentari dei propri figli. I dati emergono dal convegno nazionale svolto a Bologna della Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima).
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”Non sono malattie estetiche, ma dell’identità – ci avverte la dottoressa Dalla Ragione –  attraverso il controllo eccessivo del corpo l’adolescente tiene sotto controllo il contenuto emotivo. Controllo che diventa alla fine una trappola. E’ un disturbo autoreferenziale, tutto interno. E’ la spia della tossicità delle relazioni, degli stimoli, di certi affetti, delle tensioni esteriori. I problemi dei giovani vengono riversati sul cibo, l’alimentazione diventa così la soluzione per un disagio”.
Tutte le regioni italiane sono colpite allo stesso modo e non ci sono differenze sociali. La famiglia è solo uno dei fattori del disturbo, non è più decisiva, perché l’immaginario lo costruiscono i media e il gruppo dei pari. Fondamentale è la diagnosi precoce. La guaribilità si avvicina al 100% quando la malattia viene curata entro il primo anno da quando si manifesta, dopo tre anni il disturbo è già cronico.  I segnali che possono allarmare sono la preoccupazione per il cibo, la dieta eccessiva, il pesarsi più volte al giorno, i sentimenti di colpa rispetto all’alimentazione, l’eccessiva attenzione all’esteriorità, ma anche un cambiamento del carattere, dell’umore e l’irritabilità, perché il disturbo riguarda anche il comportamento. Ma qual è la cura? ”Non è certamente lavorare sul peso – spiega Dalla Ragione – ma è ristrutturare l’identità delle persone. Soltanto la cooperazione tra livelli sociali come la famiglia, gli insegnanti e i servizi sanitari del territorio possono aiutare. Bisogna lavorare su microsistemi, il macrosistema è più difficile da cambiare”.

Intervista a Laura Dalla Ragione   –    (da rainws.it)

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